Laura che cantava nelle Mele Verdi

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta sul sito Ottantology il 28 ottobre 2011. Noi del sito LeMeleVerdi abbiamo nuovamente contattato Laura per approfondire alcuni punti. Di seguito riportiamo l'articolo riveduto e aggiornato (4 ottobre 2012).

«Io sono arrivata dopo Barbapapà e Woobinda e prima della Banda dei ranocchi. Non so a chi possa interessare la mia esperienza...».

Così dice Laura Gorni, che a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta  è stata una delle Mele Verdi, ovvero il gruppo di bambini e ragazzi che stava dietro le sigle di cartoni e telefilm e, almeno nella zona di Milano, anche sul palcoscenico dei teatri. Se ne vanta? Nemmeno un po'. E non perché pensa ai giorni in cui «avevamo come divisa di scena i pantaloni corti e le magliette a righe», e lo dice con una faccia che lascia intuire un filo di disagio per l'abito di scena. Questione di carattere, forse, altrimenti non avrebbe iniziato una conversazione sul tema, con le canzoni a cui non ha partecipato. Allora pensiamo noi a elencare quelle in cui c'era anche la sua voce: La banda dei ranocchi, per esempio, sigla del cartoon omonimo, quello dello stagno in cui vivevano tra mille avventure Demetan e Ranatan. Oppure Ippo Tommaso, che “possiede una mascella che ci entra anche una villa”. O ancora Sabato al supermercato, che faceva da canzone a tema dello spettacolo “Il Cantagioco” portato in alcuni teatri di Milano (Teatro San Calimero e Teatro di Porta Romana), in cui le piccole Mele cantavano, ballavano e recitavano.

«E mia madre» ricorda Laura «aveva preparato i costumi; cuciva e disegnava ranocchi e tagliava il panno e la spugna. Non abbiamo più neppure una foto, ma ero molto orgogliosa, più di lei che di quello che facevo io».

Realizzare gli spettacoli era un'impresa non facile, visto che si parlava di educazione alimentare:

«In un pezzo facevamo gli alimenti: Grassi, Carboidrati, Proteine e cantavamo la Banda dei Ranocchi vestiti da ranocchi. La divisa da mela verde era il pantalone verde alla zuava con pettorina e la maglia a righe; più i codini. Non ricordo di aver impersonato ruoli particolari. Sgambettavo lì, facendo finta di cantare perché le canzoni non erano mai dal vivo. E mi divertivo, ma ricordo anche le sgridate di Mitzi… Ci aiutava un attore adulto, Marino, che lavorava con noi. Aveva un gran pazienza!» 

Ma come si diventava Mele Verdi? «Per caso» ricorda Laura, che all'epoca viveva a Milano.

«Mitzi Amoroso era la leader e fondatrice del gruppo. E, per reclutare giovani cantanti, spesso girava per chiese e oratori, per ascoltare i cori parrocchiali. Io cantavo nel coro della mia parrocchia e quando Mitzi è arrivata da me, mi ha chiesto se volessi provare quell'avventura. Non credevo di avere una voce particolare. Ma è andata così».

Per Laura e le sue coetanee del gruppo fu l'inizio di un'esperienza davvero speciale. Come le sessioni in sala di registrazione, per esempio, per mettere su nastro le canzoni che poi sarebbero diventate 45 giri.

«Fu una sorpresa scoprire che le canzoni si registravano una frase per volta, ripetendo l’incisione anche più volte, e poi le parti venivano miscelate insieme in un secondo tempo. Pensai che così era troppo facile. In sala d’incisione c’erano Mitzi, Corrado Castellari, sua figlia e le Mele Verdi; per la scelta delle voci Mitzi aveva alcune preferenze e faceva bene: Stefania e Annalisa in particolare avevano voci bellissime… C’era una canzone che avevamo registrato con Ippotommaso e ranocchi vari; parlava di una motoretta con la quale “...faccio quello che mi pare! E chi se lo poteva immaginare?”. Avevo inciso da solista un micro pezzettino: “Che mi importa se il pedone, già mi manda un accidente”. Non so se alla fine l’abbiano tenuto.» [si tratta della canzone La motoretta, ndr]


Le Mele Verdi erano un gruppo di under 14, certo, ma organizzato con criteri di grande professionalità. Basti un breve elenco delle collaborazioni: Roberto Vecchioni scrisse tutti i testi delle canzoni di Barbapapà, non solo quella della sigla ma anche quelle che compaiono nelle varie puntate. Corrado Castellari, musicista che ha collaborato con Fabrizio De André e Mina, collaborava con Mitzi alle canzoni. Stare nelle Mele Verdi significava anche andare in tv per ballare e cantare e inevitabilmente si finiva per conoscere qualche personaggio famoso.

«Mi pare che con Woobinda sono andata a quella trasmissione con il Telegattone... "Superclassifica Show"? Può essere? E poi in altre emittenti locali. Ovviamente in playback. Che ridere! In giro per gli studi televisivi credo di aver conosciuto Sandy Marton, biondo e tamarrissimo e Cecchetto. Ma forse me lo sono sognato. E Claudio Lippi.»

Laura conserva ricordi affettuosi di Mitzi, Corrado Castellari e di alcune compagne di gruppo:

«Il tratto più forte della personalità di Mitzi era la determinazione, un vero ciclone; era anche molto brava a mantenere le nostre attività di Mele a livello di gioco, però voleva impegno. Andavamo a provare a casa sua. Cantava con la sua voce roca e al contempo così musicale. Mi è sempre piaciuto sentirla cantare. Ricordate la sigla di Woobinda? La voce del bambino del ritornello è quella di suo figlio Paolo che in teatro indossava il costume da bruco. Ricordo benissimo anche Annalisa e Stefania, poi Simona, Gloria e Lorenza. Il musicista Corrado era gentile con noi, mi ero presa un po’ una cotta...».

L'esperienza finì, per questione di età, e di priorità:

«Ero una ragazza, ormai. E devo ammettere che mi metteva un po' a disagio continuare a salire sul palcoscenico con gli abiti di scena da bambina. Dopo l'esperienza con le Mele Verdi, ho recitato in teatro al liceo, Goldoni, Beckett, Wilder, ma tutto a livello amatoriale, mi piaceva moltissimo. Quanto al canto ho continuato solo con amici alle feste, non è che avessi questa gran voce; sono intonata, ma niente di più. Canto ancora qualche volta quando vado a correre da sola, tipo bersaglieri, sperando che nessuno mi senta».

Nessun rimpianto per aver lasciato le Mele Verdi, solo bei ricordi. E quella solita timidezza: «Ma siete sicuri che interessi a qualcuno?».  Scommettiamo di sì?
Giampiero "Canna" Canneddu
http://ottantology.blogspot.it/



Nota
Adesso Laura per gli amici è Lalla e lavora in Germania dove si occupa di un progetto bellissimo: Dialogue in the dark, una mostra che si svolge al buio, perché è al buio il viaggio che viene proposto, attraverso stanze che simulano situazioni della vita di tutti i giorni (dalla strada al bar). Ci si muove accompagnati da non vedenti che si orientano perfettamente al buio, mentre noi, che pure abbiamo gli occhi che funzionano, neanche un po'. Così, per una volta soltanto, proviamo a vivere da disabili in un ambiente dove loro, che consideriamo disabili, ci fanno da guida. Niente di più istruttivo. La versione italiana della mostra si chiama "Dialogo nel buio" ed è allestita a Milano dall'Istituto dei Ciechi di via Vivaio.